Guido Rossa

1979
Genova, 24 gennaio
Guido Rossa, 44 anni, operaio e sindacalista


da Wikipedia

Contesto storico
Il 1978 fu uno degli anni più duri tra gli anni di piombo: l’anno precedente le forze della sinistra legate al PCI avevano subito dure contestazioni da parte del Movimento del ’77, mentre l’attività delle BR e dei suoi fiancheggiatori aveva subito un’accelerazione culminata con il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro. Come risposta il PCI di Berlinguer e il sindacato presero definitivamente le distanze dalla lotta politica extraparlamentare e invitarono gli iscritti a vigilare contro il terrorismo togliendo ogni possibile copertura ideologica e denunciando i sospetti di terrorismo attivi nelle fabbriche.

La testimonianza contro il brigatista Francesco Berardi
Presso la macchinetta distributrice di caffè dello stabilimento Italsider di Genova spesso si ritrovano depositati dei volantini delle Brigate Rosse furtivamente lasciati per scopi propagandistici. Rossa nota che l’operaio Francesco Berardi, addetto a distribuire le bolle di consegna nello stabilimento, si trova spesso nelle vicinanze del distributore. Il 25 ottobre 1978 gli operai trovano una copia dell’ultima risoluzione strategica brigatista, sempre vicino alle macchinette; Rossa nota un sospetto rigonfiamento sotto la giacca di Berardi, si reca negli uffici della vigilanza aziendale per segnalare il fatto e, all’uscita, una nuova copia della risoluzione brigatista è ritrovata su una finestra nel medesimo luogo.

Dopo un breve dibattito interno, l’armadietto di Berardi viene aperto ritrovandovi contenuti documenti brigatisti, volantini di rivendicazione di azioni compiute dalle BR e fogli con targhe d’auto appuntate. Guido Rossa decide di denunciare l’uomo, mentre gli altri due delegati si rifiutano, lasciandolo solo. Francesco Berardi cerca inutilmente di fuggire ma viene fermato dalla vigilanza della fabbrica; si dichiara subito prigioniero politico, viene consegnato ai carabinieri e arrestato. Guido Rossa mantiene la denuncia e testimonia al processo, nel quale Berardi (morto suicida in carcere) viene condannato a quattro anni e mezzo di reclusione. Temendo una vendetta dei brigatisti, il sindacato offre per alcuni mesi a Rossa una scorta, formata da operai volontari dell’Italsider, a cui lo stesso Rossa in seguito rinuncia.

Omicidio e conseguenze politiche

Il corpo di Guido Rossa
La denuncia di Rossa contro un brigatista infiltrato è la prima che avviene dalla loro formazione e rischia di costituire un pericoloso precedente per cui le BR decidono di reagire. La prima ipotesi è quella di catturarlo e lasciarlo incatenato ai cancelli della fabbrica, con appeso un cartello infamante, in una sorta di gogna intimidatrice. Tuttavia questa ipotesi di azione viene scartata venendo giudicata irrealizzabile; ne viene così decisa la gambizzazione, pratica frequente a quel tempo.

Il 24 gennaio 1979 alle 6:35 del mattino, Guido Rossa esce dalla sua casa in via Ischia 4 a Genova per recarsi al lavoro con la sua Fiat 850. Ad attenderlo su un furgone Fiat 238 parcheggiato dietro c’è un commando composto da Riccardo Dura, Vincenzo Guagliardo e Lorenzo Carpi. I brigatisti gli sparano uccidendolo. È la prima volta che le Brigate Rosse decidono di colpire un sindacalista organico alla sinistra italiana e l’omicidio sarà seguito da una forte reazione da parte di partiti e sindacati e della società civile, in particolare quella legata al Partito Comunista.

Al funerale, cui partecipano 250 000 persone, presenzia il Presidente della Repubblica Sandro Pertini in un’atmosfera molto tesa. Dopo la cerimonia Pertini chiede di incontrare i “camalli” (gli scaricatori del porto di Genova). Racconta Antonio Ghirelli, all’epoca portavoce del Quirinale, che il Presidente era stato avvisato che in quell’ambiente c’era chi simpatizzava con le Brigate Rosse, ma che Pertini rispose che “proprio per quello li voleva incontrare”. Il Presidente entrò in un grande garage pieno di gente, “saltò letteralmente sulla pedana” e con voce ferma disse: “Non vi parla il Presidente della Repubblica, vi parla il compagno Pertini. Io le Brigate Rosse le ho conosciute: hanno combattuto con me contro i fascisti, non contro i democratici. Vergogna!”. Ci fu un momento di silenzio, poi un lungo applauso. La salma di Rossa venne infine tumulata presso il cimitero monumentale di Staglieno.

L’omicidio di Rossa segna una svolta nella storia delle Brigate Rosse, che da quel momento non riusciranno più a trovare le stesse aperture nei confronti dell’organizzazione interna del proletariato di fabbrica. In effetti, proprio per la delicatezza dell’obiettivo, si è ritenuto probabile che le BR avessero intenzione di punire Rossa, ma senza ucciderlo. La vittima, probabilmente, doveva essere solo gambizzata. Tale ipotesi sembra essere confermata dalle perizie e dalle successive testimonianze: Vincenzo Guagliardo, il componente del commando che esplode tre colpi calibro 7,65 alle gambe con una Beretta 81, ha raccontato che a gambizzazione avvenuta Riccardo Dura, capo della colonna genovese delle BR, dopo essersi allontanato come gli altri brigatisti dal luogo dell’operazione, era tornato indietro per esplodere l’ultimo colpo, quello che aveva ucciso Guido Rossa. L’autopsia rivela infatti che su Rossa furono esplosi quattro colpi alle gambe e uno solo mortale al cuore. Guagliardo aggiunge che il giorno dopo il delitto i membri dell’organizzazione chiesero spiegazioni sull’accaduto, al che Dura giustificò l’omicidio affermando che le spie andavano uccise.

Sempre secondo Guagliardo le BR valutarono seriamente l’espulsione di Dura, rinunciandovi però per non provocare fratture all’interno dell’organizzazione. Tuttavia Dura non solo continuò la sua militanza nelle BR (partecipando ad altre azioni) ma venne anche “promosso” entrando nel Comitato Esecutivo. La ricostruzione dei fatti di Guagliardo suggerisce che la causa dell’omicidio di Guido Rossa sarebbe da ricercare nell’iniziativa individuale del capo dei componenti del commando e non in una volontà politica delle BR di eliminare il sindacalista. La colonna genovese delle BR si assunse comunque l’intera responsabilità dell’omicidio. Nel 2008 la figlia Sabina, deputata eletta nel Partito Democratico, si è espressa contro la decisione con cui il giudice di sorveglianza di Roma aveva negato la libertà condizionale a Vincenzo Guagliardo, che lei ha incontrato.

Fonte
Wikipedia
Guido Rossa

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