Aldo Moro

1978
09 maggio, Roma
Aldo Moro, 61 anni, statista

L’AGGUATO
Poco prima delle 9 del mattino del 16 marzo 1978, Moro uscì dalla sua casa e salì su una Fiat blu con due componenti della scorta. Dietro la sua auto c’era un’altra vettura, un’Alfetta bianca con a bordo gli altri uomini che facevano parte della sua protezione. L’agguato teso dalle Br scattò quando la macchina su cui viaggiava Moro entrò in via Fani. L’auto del presidente della Dc sbatté con una Fiat 128 che gli aveva tagliato la strada. In pochi secondi il commando terrorista saltò fuori davanti al bar “Olivetti” sparando sull’auto della scorta uccidendo sul colpo gli agenti Giulio Rivera e Raffaele Iozzino. Il vicebrigadiere Francesco Zizzi perse la vita poco dopo, all’ospedale Gemelli. Morirono anche l’appuntato Domenico Ricci e il maresciallo Oreste Leonardi che erano nell’auto di Moro
LA RIVENDICAZIONE
Il presidente della Dc venne invece catturato dai brigatisti. La Fiat usata per l’agguato venne ritrovata più tardi ed esattamente un’ora dopo, alle 10 in punto, il gruppo terroristico rivendicò l’attentato: “Attacco al cuore dello Stato”
LA PRIGIONIA
Dopo il sequestro, Aldo Moro fu portato in quella che poi verrà definita “la prigione del popolo”. Nei processi che seguirono la cattura dei brigatisti, risultò poi che questa “prigione del popolo” era l’appartamento di proprietà di Anna Laura Braghetti, in via Camillo Montalcini 8, sempre a Roma. In quei 55 giorni, il politico fu sorvegliato da diversi membri delle Br, in particolare da Prospero Gallinari che, essendo già ricercato, rimase durante tutto il rapimento insieme allo statista e venne considerato il vero carceriere di Aldo Moro
Tuttavia, secondo il magistrato Carlo Alfredo Moro, fratello dell’ex presidente Dc, l’ultimo covo in cui fu nascosto Moro non fu quello di via Montalcini, ma un altro situato nei pressi di una località marina. La deduzione deriva dalla sabbia trovata addosso al corpo e sull’auto, ma anche da alcune incongruenze durante le deposizioni dei brigatisti. Non è mai stato appurato se vennero usati altri covi (come quello in zona Balduina)
I COMUNICATI
Dal 16 marzo 1978 al 9 maggio dello stesso anno, le Brigate Rosse rilasciarono nove comunicati. Il gruppo terroristico si servì di queste lettere per spiegare le motivazioni del sequestro ma anche per provare a intavolare una trattativa con lo Stato
LE LETTERE
Nei suoi 55 giorni di prigionia, Aldo Moro scrisse 86 lettere. I destinatari furono molteplici: dagli esponenti più importanti del suo partito, la Dc, alla famiglia. Non mancarono però le missive mandate ai principali quotidiani e all’allora Papa Paolo VI. Il 22 aprile, il Santo Padre si rivolse con un appello pubblico col quale supplicava “in ginocchio” gli “uomini delle Brigate Rosse” affinché liberassero il prigioniero “senza condizioni”
LA FERMEZZA DEL GOVERNO
Delle 86 lettere inviate, solo alcune arrivarono a destinazione, altre non furono mai recapitate e vennero ritrovate successivamente nel covo di via Monte Nevoso. Fu proprio attraverso queste lettere che Moro cercò di aprire una trattativa con i colleghi di partito e con le massime cariche dello Stato. Il governo presieduto da Giulio Andreotti (in foto), sostenuto dal Pci, non volle cedere ai terroristi, né trattare. Lo statista, in una lettera indirizzata ai leader della Dc, il suo partito, scrive: “Il mio sangue ricadrà su di voi”
L’UCCISIONE
“Per quanto riguarda la nostra proposta di uno scambio di prigionieri politici perché venisse sospesa la condanna e Aldo Moro venisse rilasciato, dobbiamo soltanto registrare il chiaro rifiuto della DC. Concludiamo quindi la battaglia iniziata il 16 marzo, eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato”. Con queste parole, nel nono e ultimo comunicato, le Brigate Rosse misero fine al rapimento, uccidendo Moro con una scarica di proiettili nel petto
IL RITROVAMENTO
Dopo l’omicidio, l’auto con il suo corpo fu lasciata parcheggiata in Via Caetani, a Roma, simbolicamente a metà strada tra la sede della Dc e quella del Pci. La comunicazione dell’avvenuto delitto fu data dal brigatista Valerio Morucci con una telefonata al professor Francesco Tritto, uno degli assistenti di Moro. Il terrorista chiese a Tritto, “adempiendo alle ultime volontà del presidente”, di comunicare subito alla famiglia che “il corpo del presidente si trovava nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, in via Caetani”
l rapimento di Moro fu uno dei punti più tragici degli Anni di piombo in Italia. La morte dello statista segnò la fine del cosiddetto “compromesso storico”, l’avvicinamento tra Dc e Pci, di cui Moro era stato uno dei grandi fautori
I PROCESSI E LE CONDANNE
A distanza di pochi giorni dall’epilogo della tragedia si ebbero i primi arresti di brigatisti coinvolti nell’agguato di via Fani e all’uccisione di Moro. Furono arrestati Enrico Triaca, un tipografo che s’era messo a disposizione di Mario Moretti, poi Valerio Morucci e Adriana Faranda.
Il 24 gennaio 1983 la Corte d’assise di Roma, presieduta dal giudice Severino Santiapichi, al termine di un processo durato nove mesi che riuniva le istruttorie Moro-uno e Moro-bis portate a termine dai giudici istruttori Ferdinando Imposimato e Rosario Priore, inflisse 32 ergastoli e 316 anni di carcere a 63 imputati; furono decise anche quattro assoluzioni e tre amnistie. Furono applicate le norme di legge che concedevano un trattamento di favore ai collaboratori di giustizia e furono riconosciute alcune attenuanti ai dissociati. Il 14 marzo 1985, nel processo d’appello, i giudici diedero maggior valore alla dissociazione (scelta fatta da Adriana Faranda e Valerio Morucci) cancellando 10 ergastoli e riducendo la pena ad alcuni imputati. Pochi mesi dopo, il 14 novembre, la Cassazione confermò sostanzialmente il giudizio d’appello.
Negli anni successivi furono celebrati tre nuovi processi (Moro-ter, Moro-quater e Moro-quinquies) che condannarono altri brigatisti per il loro coinvolgimento in azioni eversive svolte a Roma fino al 1982 e in alcuni risvolti del caso Moro.
Nei confronti dei quindici brigatisti coinvolti direttamente nella vicenda furono emessi i seguenti giudizi:
Rita Algranati: ultima a essere catturata fra i terroristi coinvolti nel caso Moro, a Il Cairo nel 2004, sta scontando l’ergastolo. Fu la «staffetta» del commando brigatista in via Fani.
Barbara Balzerani: catturata nel 1985 e condannata all’ergastolo, ha ottenuto la libertà vigilata nel 2006. In via Fani presidiava l’incrocio con via Stresa armata di una CZ Scorpion, arma che il 9 maggio ucciderà Aldo Moro. Durante il sequestro occupava la base di via Gradoli 96 nella quale conviveva con Mario Moretti.
Franco Bonisoli: catturato nella base di via Monte Nevoso 8 a Milano il 1º ottobre 1978, è stato condannato all’ergastolo ma in seguito ha ottenuto in semilibertà. In via Fani sparò sulla scorta di Moro e alla conclusione del sequestro portò nel covo di Milano il memoriale e le lettere dello statista, ritrovate in una prima tranche contemporaneamente al suo arresto e in una seconda tranche l’8 ottobre 1990.
Anna Laura Braghetti: arrestata nel 1980, condannata all’ergastolo, ha ottenuto la libertà condizionale dal 2002. Durante il sequestro non era ancora in clandestinità: era l’intestataria e l’inquilina «ufficiale», insieme con Germano Maccari, dell’appartamento di via Montalcini 8 a Roma, tuttora l’unica prigione accertata di Moro.
Alessio Casimirri: fuggito in Nicaragua, dove gestisce un ristorante, è l’unico a non essere mai stato arrestato né per il caso Moro né per altri reati. In via Fani presidiava con Alvaro Lojacono la parte alta della strada.
Raimondo Etro: catturato nel 1996, è stato condannato a 24 anni e 6 mesi, poi ridotti a 20 anni e 6 mesi, terminando anticipatamente la sua pena nel 2010. Non era presente in via Fani, ma fu il custode delle armi usate nella strage.
Adriana Faranda: arrestata nel 1979, è tornata in libertà nel 1994 dopo essersi dissociata dalla lotta armata. Non è stata accertata in sede giudiziaria la sua presenza in via Fani. Fu, assieme a Valerio Morucci, la «postina» del sequestro Moro.
Raffaele Fiore: catturato nel 1979 e condannato all’ergastolo, ha ottenuto la libertà condizionata nel 1997. In via Fani sparò sulla scorta di Moro, anche se il suo mitra si inceppò quasi subito.
Prospero Gallinari: all’epoca del caso Moro già latitante per il sequestro del giudice Mario Sossi, è stato catturato nel 1979. Dal 1994 al 2007 ha ottenuto la sospensione della pena per motivi di salute, ottenendo gli arresti domiciliari. È deceduto il 14 gennaio 2013. In via Fani sparò sulla scorta di Moro e durante il sequestro era rifugiato nel covo brigatista di via Montalcini 8, unica prigione di Moro accertata in sede giudiziaria.
Maurizio Iannelli: catturato nel 1980 e condannato a due ergastoli, ha ottenuto la libertà vigilata nel 2003. In seguito ha collaborato come regista a vari programmi della Rai (Amore criminale, Sopravvissute).
Alvaro Lojacono: coinvolto anche negli omicidi di Miki Mantakas e Girolamo Tartaglione, nel 1980 espatriò in Svizzera (Paese d’origine della madre), ove nel 1986 ottenne la cittadinanza. Poiché il diritto svizzero non prevede l’estradizione per i suoi cittadini, non è mai stato estradato in Italia, anche se ha scontato 11 anni di carcere svizzero (per il solo omicidio di Tartaglione). In via Fani presidiava con Alessio Casimirri la parte alta della strada e con lui era sull’auto che bloccò da dietro la colonna di auto con a bordo Moro e la sua scorta, subito prima della strage.
Germano Maccari: arrestato solo nel 1993, rimesso in libertà per decorrenza dei termini e poi riarrestato dopo aver ammesso il suo coinvolgimento nel sequestro, viene condannato a 30 anni, poi ridotti a 26, nell’ultimo processo celebrato sul caso Moro. È morto per aneurisma cerebrale nel carcere di Rebibbia il 25 agosto 2001. Insieme con Anna Laura Braghetti era l’inquilino «ufficiale» dell’appartamento di via Montalcini 8, unica prigione di Moro finora accertata, sotto il falso nome di «ingegner Luigi Altobelli».
Mario Moretti: catturato nel 1981 e condannato a sei ergastoli. Nel 1994 ha ottenuto la semilibertà e in seguito ha lavorato in una cooperativa di informatica che ha offerto anche consulenza all’amministrazione regionale della Lombardia. Rappresentante del Comitato Esecutivo delle Brigate Rosse presso la colonna romana, oltre a dirigere l’intera operazione e a effettuare sopralluoghi poco prima dell’agguato, in via Fani era alla guida della Fiat 128 targata “corpo diplomatico” che bloccò il corteo delle auto di Moro e della scorta avviando l’imboscata. Nonostante alcune testimonianze oculari, non è stato accertato in sede giudiziaria che abbia sparato. Durante il sequestro occupava con Barbara Balzerani la base di via Gradoli 96 e si recava a interrogare Moro nel luogo della sua detenzione e periodicamente a Firenze e Rapallo per riunioni con il Comitato esecutivo delle BR. Tempo dopo il processo confessò anche di essere stato l’unico esecutore materiale dell’omicidio di Moro scagionando così, dal punto di vista morale e non giudiziario, Prospero Gallinari che ne era precedentemente stato accusato e condannato.
Valerio Morucci: arrestato nel 1979, venne condannato a 30 anni dopo essersi dissociato dalla lotta armata. Rilasciato nel 1994, in seguito si è occupato di informatica, come Moretti. In via Fani sparò sulla scorta di Moro e durante il sequestro fu il “postino” delle Brigate Rosse assieme alla sua compagna Adriana Faranda, oltre a effettuare quasi tutte le telefonate legate al sequestro, compresa l’ultima in cui comunicò a Franco Tritto l’ubicazione del corpo di Moro.
Bruno Seghetti: catturato nel 1980 e condannato all’ergastolo, è stato ammesso al lavoro esterno nell’aprile del 1995 per poi ottenere la semilibertà nel 1999, revocatagli nel 2001 in seguito ad alcune irregolarità, per cui è tornato detenuto. Ha lavorato anche per la cooperativa 32 dicembre di Prospero Gallinari. In via Fani era alla guida dell’auto con la quale Moro venne portato via dopo l’agguato.

Fonte
Sky.it
https://tg24.sky.it/cronaca/2023/03/16/aldo-moro-rapimento#12
Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Caso_Moro

Approfondimenti
RaiCultura.it
I WebDoc di Rai Cultura : Aldo Moro
National Geographic
L’omicidio di Aldo Moro
Open Edition Journal
https://journals.openedition.org/diacronie/5162

Video
Archivio Luce
https://www.archivioluce.com/16-marzo-1978-aldo-moro-viene-rapito-dalla-br/
https://www.archivioluce.com/9-maggio-1978-aldo-moro-viene-assassinato-dalla-br/
La Repubblica
https://lab.gedidigital.it/repubblica/2018/cronaca/aldo-moro/
Famiglia Cristiana
https://www.famigliacristiana.it/video/9-maggio-1978-una-telefonata-delle-br-annuncia-la-morte-di-aldo-moro.aspx
Rai Teche
https://www.teche.rai.it/2023/05/aldo-moro-lungo-addio/
Rai Play
https://www.raiplay.it/video/2018/03/Tg1-Edizione-Straordinaria-Il-rapimento-di-Moro-edca22ee-ba76-4975-b8ad-913599e17569.html
https://www.raiplay.it/video/2016/09/RaiCollection-Aldo-Moro-cento-anni-e739ca9c-01dd-4ffd-91d5-e7d61893ea35.html

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