Emanuele Petri

2003
2 marzo, Castiglion Fiorentino (Ar)
Emanuele Petri, 48 anni, sovrintendente capo della Polizia Ferroviaria

Petri entra in Polizia nell’ottobre del 1973 come allievo guardia frequentando la scuola della Polizia di Stato di Trieste. Trasferito dapprima a Roma, poi a Firenze e Arezzo, la sua residenza resta a Tuoro sul Trasimeno, luogo dove si sposa e crea la propria tranquilla vita familiare con la moglie Alma. Nel 1992 viene assegnato alla Polfer della stazione di Terontola.

Il 2 marzo 2003 il sovrintendente Petri, con i colleghi Bruno Fortunato e Giovanni Di Fronzo, svolge servizio di scorta viaggiatori su un treno regionale sulla tratta ferroviaria Roma-Firenze. Poco dopo la fermata alla stazione di Camucia-Cortona, Petri e gli altri colleghi, durante controlli di routine, decidono di verificare le generalità di un uomo e una donna che viaggiavano a bordo del vagone. Questi, dopo aver esibito documenti falsi ai poliziotti che si accorgevano delle incongruenze, reagiscono nei loro confronti.

L’uomo estraeva una pistola puntandola al collo del sovrintendente Petri e intimando agli altri poliziotti di gettare le armi. Uno dei due poliziotti obbedisce gettando la propria pistola sotto i sedili del convoglio, ma l’uomo reagisce ugualmente sparando alla gola di Petri, uccidendolo sul colpo, e sparando anche contro l’ultimo poliziotto armato che, nonostante le gravi ferite, riesce a rispondere al fuoco dell’assalitore ferendolo mortalmente. La donna preme il grilletto della propria pistola contro l’ultimo poliziotto, ma l’arma non funziona, perché ancora con la sicura innestata. Ne segue una colluttazione al termine della quale la terrorista è bloccata. Secondo le dichiarazioni dell’agente Fortunato:

«Verso la terza-quarta vettura io (Fortunato, ndr) e Di Fronzo ci fermammo per identificare una persona, mentre Petri era andato avanti ed era entrato in uno scompartimento” racconterà poi al processo il sovraintentende Bruno Fortunato “Ho alzato lo sguardo, e ho visto Petri uscire dallo scompartimento con dei documenti in mano e cominciare a telefonare col cellulare collegato alla sala operativa della questura di Firenze. Poi ho visto un uomo (Galesi, ndr) che si avvicinava e gli puntava una pistola all’altezza della gola. Io e Di Fronzo ci siamo avvicinati di qualche passo e io gli ho fatto “ma che fai, butta quella pistola”. Lui invece ci ha gridato qualcosa come “datemi le armi, consegnatele a lei” (la Lioce, ndr). Io avevo sfilato la mia pistola dalla fondina e la nascondevo dietro lo spigolo di una poltrona. Lei mi è passata accanto senza guardarmi, poi ho capito che puntava alla pistola che Di Fronzo intanto aveva gettato per terra sotto alcuni sedili. Quando lei era appena dietro di me, ho sentito un pizzico all’addome (il colpo sparato da Galesi, ndr). Poi ho sentito qualche altro colpo, ma non so quanti. Emanuele (Petri, ndr) era a terra, io ho alzato la pistola e ho sparato. Galesi è caduto a terra, disteso nel corridoio. A quel punto sento Di Fronzo che mi fa “Bruno, dammi una mano”. Mi sono girato ma non me la sono sentita di fare un’altra cosa (di sparare, ndr). Ho rimesso la pistola nella fondina ho visto l’imputata distesa su una poltrona con una pistola fra le gambe che scarrellava e premeva il grilletto, alcune volte, senza che partisse il colpo. Di Fronzo era dietro di lei, piegato sullo schienale di una poltrona e cercava di bloccarla ma inutilmente perché non arrivava alla pistola. Ho visto la donna che cercava di riarmare l’arma più volte e di sparare verso di me. Dopo ho capito che era l’arma che Di Fronzo aveva gettato sotto i sedili. Gli ho strappato la pistola dalle mani, l’ho data a Di Fronzo e l’ho ammanettata. Poi sono andato a vedere più avanti. Galesi rantolava per terra, Emanuele purtroppo era disteso senza vita

Il treno si ferma quindi alla stazione di Castiglion Fiorentino dove giungono i primi soccorsi per le persone ferite, tra i quali l’assalitore Galesi (morto alcune ore dopo in ospedale) e l’agente Fortunato, salvato con una lunga operazione chirurgica. Scosso dalla tragedia, non si riprese mai completamente e si suicidò il 9 aprile 2010 a Nettuno sparandosi un colpo di pistola alla testa.

Le prime indagini accertarono che i due sospetti controllati dai poliziotti erano terroristi facenti parte delle Nuove Brigate Rosse e, dalle ricostruzioni e dal materiale rinvenuto sul treno e nella borsa della donna (documenti, floppy disk e due palmari), gli investigatori riuscirono a catturare, nel periodo successivo, tutti gli appartenenti dell’organizzazione terroristica responsabile anche degli omicidi di Massimo D’Antona e Marco Biagi, avvenuti nel 1999 e nel 2002.

Petri il giorno della sua morte non doveva prestare servizio, ma aveva chiesto un cambio turno per assistere un ex collega dei Carabinieri malato gravemente.

Fonte
Wikipedia
Emanuele Petri

Approfondimenti
Asaps da La Repubblica
Arezzo, sparatoria sul trenomuoiono agente e brigatista
Ugo Maria Tassinari
2 marzo 2003: muore in un conflitto a fuoco Mario Galesi, leader delle Nuove Br
Ministero dell’Interno
05.03.2003Sparatoria con i terroristi sul treno Roma-Firenze
Toscana Oggi
Le Br preparavano un attentato ad Arezzo
La provincia di Cremona
Incubo BR. Arrestata Desdemona Lioce.
Wikipedia
Marco Galesi
Nadia Desdemona Lioce
Nuove Brigate Rosse
FirenzeToday
Nuove brigate rosse: Nadia Desdemona Lioce resta al 41 Bis
Quotidiano nazionale
Suicida poliziotto: nel 2003 arrestò la brigatista Nadia Desdemona Lioce
Il Fatto Quotidiano
Lettera dal carcere del brigatista Morandi: “Onore al compagno Galesi”
Feltrinelli Editore
Francesco La Licata: “Br: avevamo a che fare con un cenacolo di disperati”

Video
TGR Umbria
Emanuele Petri, l’ultima vittima delle Br.

Sound
Radio radicale
Processo d’appello a Desdemona Lioce (Nuove BR) per la sparatoria sul treno Roma – Firenze del 2 marzo 2003