Francesco Coco, Antioco Dejana e Giovanni Saponara

1976
08 giugno, Genova
Francesco Coco, 67 anni, magistrato Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Genova
Antioco Dejana, 39 anni, appuntato dei Carabinieri
Giovanni Saponara, 42 anni, brigadiere di Pubblica Sicurezza

Francesco Coco, sardo di Terralba, è il primo magistrato a venir ucciso dalle Brigate Rosse.
Alle 13,30 dell’otto giugno 1976, Francesco Coco esce dalla sua stanza al dodicesimo piano del Palazzo di Giustizia di Genova assieme all’addetto alla sua tutela, Giovanni Saponara, 42 anni, per andare a casa. Si infila nella 132 blu guidata da Antioco Dejana, un appuntato dei carabinieri di 42 anni, sardo come Coco, che per la prima volta effettua quel servizio. È un dattilografo-autista della procura. Il suo autista, l’agente penitenziario Stefano Agnesetta, il giorno prima ha chiesto un permesso che gli salverà la vita. Li segue una Giulia con tre agenti di polizia. In otto minuti sono ai piedi della scalinata di Santa Brigida.
Coco e Saponara salgono 42 gradoni. Sembrano padre e figlio che tornano a pranzo. Neanche si avvedono che alle spalle hanno tre uomini che gli sparano contro 24 colpi. Saponara non ha neanche il tempo di mettere mano alla pistola. Nello stesso istante, a neanche cento metri dalla scala, un uomo con una sahariana e una borsa e un coetaneo vestito in blu si avvicinano alla 132 e con le Skorpion silenziate, freddano Dejana. Una di quelle mitragliette, due anni dopo, ucciderà Aldo Moro.
Dopo qualche ora gli omicidi vengono rivendicati a Savona con un volantino dal sedicente gruppo “Nuovi partigiani”. Alla sera di quello stesso giorno una telefonata anonima afferma che il volantino è falso e attribuisce la paternità della strage alle Brigate Rosse. Nell’aula della Corte d’Assise di Torino, dove si sta svolgendo il processo a carico di esponenti delle Brigate Rosse, uno degli imputati legge il messaggio di rivendicazione del triplice omicidio.

L’uccisione di Francesco Coco è strettamente legata alla vicenda del sequestro del magistrato Mario Sossi e al dibattito che ne seguì sulla opportunità di trattare con le Brigate Rosse che, per la liberazione di Sossi, pretendevano la scarcerazione dei detenuti del gruppo XXII Ottobre.

Lunedì 20 maggio 1974, la Corte d’Assise di Appello di Genova attende che sulla scarcerazione il Procuratore generale Coco dia il suo parere. Nonostante sia partecipe del dramma, il Procuratore generale scrive “che gli organi giudiziari non dispongono di poteri per provvedimenti giudiziari fittizi nella speranza di salvare la vita” di Sossi.
La Corte di Appello concede invece la libertà provvisoria e il nulla osta per otto passaporti validi per l’espatrio. L’ordinanza della Corte specifica che deve essere assicurata l’incolumità personale e la liberazione del dottor Mario Sossi. Quando, lo stesso giorno, la Corte d’Assise d’Appello dispone il rilascio dei detenuti, come richiesto dalle BR, Coco presenta un ricorso che blocca la procedura e nega ai brigatisti l’attuazione del loro ricatto politico. La decisione della Corte d’Appello è subordinata alla incolumità dell’ostaggio. A liberazione avvenuta, il ricorso del Procuratore verrà accolto, formalmente a causa di alcune contusioni riportate da Sossi. Il giudice Sossi è salvo, ma il Procuratore generale Francesco Coco diviene bersaglio della ritorsione brigatista.

Fonte
Associazionemagistrati.it
In ricordo di Francesco Coco | Associazione Nazionale Magistrati

Approfondimenti
Ugo Maria Tassinari
8 giugno 1976, Genova: le Brigate Rosse uccidono il procuratore Francesco Coco

Video
Rai Cultura
Francesco Coco. In nome della legge | Storia | Rai Cultura
Rai Play
La Memoria – Magistrati uccisi da mafie e terrorismo Francesco Coco – 30/09/2021
La7
L’intervista di Giulia Carrarini a Massimo Coco, figlio del magistrato Francesco Coco


da ANM

da Il Secolo XIX