La Strage della Questura di Milano

1973
16 maggio, Milano
Felicia Bartolozzi, 61 anni
Gabriella Bortolon, 23 anni
Federico Masarin, 30 anni, guardia di Pubblica Sicurezza
Giuseppe Panzino, 64 anni, maresciallo dei Carabinieri in congedo

La strage della Questura di Milano
È il 17 maggio 1973, un uomo percorre il tratto che da piazza Duomo a Milano conduce a via Fatebenefratelli, la sede della questura, dove si sta tenendo la commemorazione del dirigente della squadra politica della questura, ucciso un anno prima, Luigi Calabresi, il commissario “Finestra” come lo chiamano extraparlamentari e anarchici. L’accusa è quella di avere “suicidato”, gettandolo da una finestra della questura, l’anarchico Giuseppe Pinelli. Era stato fermato dagli inquirenti nell’ambito delle indagini per la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Sono passati quattro anni dall’episodio, ma la ferita è ancora aperta, perché il processo è in corso e perché gli anni Settanta sono anni di grandi divisioni politiche.
A commemorare Calabresi a Milano c’è Mariano Rumor, che è ministro dell’interno, proprio come lo era il giorno della strage alla Banca nazionale dell’agricoltura. Sono passati quasi quattro anni, ma molte cose sono cambiate. La violenza politica è aumentata. Il 12 aprile, proprio a Milano, è stato ucciso da una bomba a mano, lanciata da alcuni manifestanti di estrema destra, l’agente di polizia Antonio Marino. Così come sta girando armato l’uomo che da piazza Duomo sta andando alla commemorazione dell’omicidio Calabresi. Reca con sé una bomba a mano “ananas”, che scaglierà a breve contro un gruppo di persone. L’episodio sarà ricordato nei libri di storia come la strage della Questura.
«Verso le ore 11:00 di ieri, – recita il primo rapporto giudiziario sulla strage – al termine della cerimonia per lo scoprimento del busto del Commissario Capo di P.S. dr. Luigi Calabresi, avvenuta nel cortile della Questura di Milano, un individuo, che sostava sul marciapiedi opposto a quello dove è ubicato l’ingresso della Questura stessa, ha lanciato in direzione dell’ingresso medesimo un ordigno, che è esploso. La Forza pubblica in servizio sul posto ha subito tratto in arresto l’attentatore, il quale, dopo essere stato sottratto ad un tentativo di linciaggio da parte dei numerosi presenti, è stato portato negli uffici della Questura. Qui è stato trovato in possesso, tra l’altro, di un passaporto intestato a tale MAGRI Massimo, nato a Bergamo il 30.7.1942, che lo stesso attentatore ha subito indicato come falso. Egli ha quindi dichiarato oralmente di chiamarsi Bertoli Gianfranco, in oggetto indicato, e di essere arrivato a Milano la sera precedente proveniente da Haifa, via Marsiglia. La deflagrazione ha provocato la morte di Bartolon Gabriella, nata a Milano il 6.1.1950 ed il ferimento di altre 42 persone, generalizzate nell’allegato elenco».
In realtà le persone uccise sono 4
Di questa vicenda sono gli unici dati certi, perché sta per cominciare una storia fatta di menzogne, ritrattazioni e fantasie, che non trovano conferme. La storia di Gianfranco Bertoli, l’uomo che morirà dopo quasi trent’anni dalla strage, portando con sé uno dei più grandi misteri della storia d’Italia, ma che allo stesso tempo è ancora egli stesso un mistero mai svelato. Perché davvero abbia gettato quella bomba, dove l’abbia trovata e soprattutto se l’abbia fatto da solo, sono i grandi dubbi che ancora aleggiano su questa vicenda. Bertoli finisce a processo, viene condannato all’ergastolo, ma la vicenda non è finita, perché la questione giudiziaria si trascina fino agli anni Novanta. Tanto per cominciare non è chiaro se vi siano delle complicità. Chi ha armato l’attentatore? Perché tante bugie? Ma soprattutto perché tante incongruenze? Bertoli dice di avere frequentato gli anarchici veneziani, ma anche qui non ci sono riscontri. Tutti lo ricordano come un delinquente comune, con due o tre amici nell’estrema destra. Ma a margine emergono altre novità. Per esempio Bertoli è stato fino al 1960 una fonte del servizio segreto Sifar con il nome in codice “Negro”. La fonte sarebbe stata disattivata , ma nulla impedisce che possa essere stata riattivata.
Ma non solo, la notizia rimarrà ammantata di mistero, ma il terrorista sarebbe stato in forza a Gladio, la struttura parallela di difesa dal comunismo attiva in Italia fin dal 1956. Il suo nome non rientra negli elenchi “ufficiali”, resi noti nel 1990, ma è sempre stato forte il sospetto che ci fosse un elenco mai reso pubblico.
Anni ‘90. Sono passati più di vent’anni da quella strage. Le bombe che insanguinano l’Italia ci sono ancora. Ora le mette la mafia. Ma nei corridoi di Palazzo di Giustizia si lavora ancora sulle indagini degli anni Settanta. Anche perché qualcosa si è mosso. Il velo è stato squarciato da Vincenzo Vinciguerra, che già da tempo in Veneto parla di Ordine Nuovo, di contatti con i servizi segreti e con la Cia, e addirittura di una rete internazionale, dedita all’eversione.
Vinciguerra, che è già stato condannato, è una colata di rivelazioni. Parla. E tanto. Anche di quando gli ordinovisti veneti, gli chiesero di commettere l’omicidio di Mariano Rumor. L’ex esponente democristiano doveva essere punito, per aver avuto paura di dichiarare lo stato di emergenza all’indomani della strage di piazza Fontana. C’erano degli accordi con alcuni apparati dello stato. Dopo le bombe di Milano e Roma andava dichiarato lo stato di emergenza e i militari avrebbero preso il potere. Ma i troppi morti (nessuno si aspettava una strage) hanno suscitato l’indignazione pubblica. Dopo aver assistito ai funerali Rumor fece un passo indietro. E per questo doveva pagare. Vinciguerra si rifiuta di commettere l’attentato, ma gira voce che gli ordinovisti veneti stiano ripiegando su Bertoli, uomo definito «pronto a tutto». Il colpevole ideale, uno sprovveduto, facile all’alcol, che può facilmente essere fatto passare per anarchico.
Vinciguerra non è l’unico a parlare. Negli anni Novanta anche Carlo Digilio, detto “Zio Otto” conferma che c’è la volontà di colpire Rumor. L’uomo perfetto per l’operazione è proprio Bertoli, istruito dagli ordinovisti. È abbastanza per riaprire un processo che vedrà Bertoli condannato insieme ai due vertici di Ordine Nuovo: Delfo Zorzi, e Carlo Maria Maggi. L’appello ribalterà la sentenza e la cassazione lo confermerà: Bertoli per la giustizia italiana è l’unico colpevole.

Fonte
irpimedia.irpi.eu
https://irpimedia.irpi.eu/archivicriminali-gianfranco-bertoli/

Approfondimenti
Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_della_Questura_di_Milano
Gianfranco Bertoli – Wikipedia
Arivista
https://www.arivista.org/?nr=202&pag=202_13.htm

Sound
Radio radicale – Le udienze del processo
Processo per la strage del 17 maggio 1973 alla Questura di Milano | Radio Radicale


da Wikipedia

da la Repubblica

Gianfranco Bertoli, da Mediterraneo Cronaca

da Vistosulweb