Mariano Lupo

1972
25 agosto, Parma
Mariano Lupo, 19 anni, operaio

La sera del 25 agosto 1972, davanti al Cinema “Roma” a Parma, un militante di Lotta Continua, Mariano Lupo, venne aggredito e ucciso con una stilettata al cuore da un gruppo di neofascisti.
L’assassinio di Lupo si inserisce in una lunga scia di omicidi di militanti dei movimenti, ed è l’apice delle aggressioni promosse nella città emiliana. In questo senso, giustamente, all’epoca, si disse che la morte di Lupo era “annunciata”: tra il 1968 e il 1972, le intimidazioni, i pestaggi, le violenze e le esplosioni di matrice neofascista ebbero una vertiginosa ascesa. A queste azioni, i gruppi della sinistra extraparlamentare risposero con l’antifascismo “militante”: la lotta doveva essere “d’attacco e non più solo di vigilanza a difesa della costituzione”. I giovani dei movimenti rivoluzionari criticavano senza mezzi termini l’antifascismo “istituzionale” dei partiti democratici, attaccavano l’idea tradizionale della difesa della legalità repubblicana, invitavano la sinistra storica a rompere i rapporti con la Democrazia Cristiana (accusata di “fascistizzare lo stato”), mobilitavano le proprie organizzazioni per togliere ogni spazio politico e fisico alla destra eversiva. Le mobilitazioni di massa, le contestazioni ai comizi missini, gli assalti alle sedi della destra, i “processi popolari”, i servizi d’ordine dei movimenti, l’uso della violenza politica furono i diversi volti con i quali l’antifascismo militante si presentò; ma essi non possono essere compresi se non vengono collocati nello scenario storico dello stragismo, delle provocazioni squadriste, degli scontri con le forze di polizia, delle denunce alla magistratura, delle “morti annunciate”.
Mentre il questore di Parma, Edgardo Gramellini, dichiarava che l’omicidio di Lupo non era altro che l’epilogo di una rissa tra balordi per “questioni di donne”, il delitto diede inizio a una nuova serie di mobilitazioni democratiche. Il 27 agosto un corteo di alcune migliaia di studenti e lavoratori, convocato dalla sinistra extraparlamentare, si concluse con l’assalto e la devastazione della sede del Msi (del quale gli assalitori di Lupo erano -o erano stati fino a pochi giorni prima- dirigenti ed attivisti). Nel volantino che indiceva la manifestazione si legge: “Di fronte a questo criminale assassinio, di fronte al progressivo aumento delle violenze fasciste, è criminale dire e pensare di affidarsi allo Stato, alle forze dell’ordine, ai fascisti in divisa, per stroncare le bande di Almirante, protette dalla Dc, pagate dai padroni, cresciute all’ombra di quello stesso Stato che dovrebbe ora eliminarle”.
La polemica era chiaramente rivolta ai dirigenti del Pci e del Psi. Ciò nonostante, il 28 agosto, il funerale di Lupo si svolse unitariamente, in forma ufficiale. Dalle 11 del mattino fino alle 17, un fiume continuo di cittadini rese omaggio alla salma del giovane siciliano, nella camera ardente allestita nel Palazzo municipale. La bara venne portata a spalla dai compagni del giovane e dai lavoratori netturbini, mentre un silenzioso e commosso corteo di decine di migliaia di persone la seguiva lentamente lungo le strade della città, da Piazza Garibaldi al Monumento al Partigiano, dal Ponte di mezzo a Piazza Picelli. Qui, nel cuore del quartiere popolare dell’Otretorrente, Giacomo Ferrari -il vecchio sindaco comunista e comandate partigiano “Arta”- tenne l’orazione funebre davanti alle bandiere a lutto dei partiti, ai gonfaloni delle associazioni democratiche e dei comuni, agli striscioni del movimento. Le esequie alla salma di Lupo, dunque, si trasformarono in una grande manifestazione antifascista: il giovane militante di Lotta Continua diventava l’ultimo caduto della lotta democratica del popolo di Parma.
Il processo doveva iniziare nel 1974, ma alla vigilia del dibattimento, accogliendo le richieste dei difensori, l’autorità giudiziaria lo trasferì per “presunti motivi di ordine pubblico” dal Tribunale di Parma a quello di Ancona. Un anno dopo, il 30 luglio 1975, la Corte d’Assise di Ancona, accogliendo la tesi dell’omicidio preterintenzionale, emise una mite sentenza: a Edgardo Bonazzi fu inflitta una pena di 11 anni e 8 mesi, a Andrea Ringozzi di 6 anni e 10 mesi, a Luigi Saporito di 4 anni e 5 mesi. La fine del processo fu accolta da proteste della sinistra extraparlamentare e, fuori dal tribunale, scoppiarono duri scontri con la polizia. Infine, il 15 giugno 1976, sempre ad Ancona, il processo d’appello si concluse con un inasprimento delle pene: Bonazzi fu condannato a 14 anni e 8 mesi, Ringozzi a 9 anni e 4 mesi, Saporito a 6 anni e 3 mes. Secondo i giudici, l’aggressione dell’agosto 1972 era stata “decisa, preordinata ed attuata da una sola parte contro l’altra che si limitò, peraltro con scarsissima efficacia, a difendersi”. Nella sentenza definitiva si legge ancora: “Non possono dunque esservi dubbi sul fatto che, i giovani missini, quella sera, avevano in animo di fare qualcosa e si erano preparati in tal senso”. L’omicidio era volontario. Da segnalare che nel collegio degli avvocati della famiglia Lupo era presente, oltre all’avvocato parmigiano Decio Bozzini e ai suoi collaboratori, l’anziano dirigente comunista Umberto Terracini, a testimonianza del valore che anche per il Pci e per l’antifascismo tradizionale il processo aveva assunto.

Fonte
L’antifascismo rimosso L’omicidio di Mario Lupo e il movimento antifascista degli anni Settanta, William Gambetta Pubblicato in «Critica e conflitto», n. 7-8, luglio-agosto 2002.
07 L’omicidio di Mario Lupo

Approfondimenti
UgoMariaTassinari.it
25 agosto 1972, Parma: il fascista Bonazzi uccide Mario Lupo, operaio di Lc – L’alter-Ugo
Aamod-Il funerale
Funerale di Mariano Lupo – film – Archivio Aamod
Gazzetta di Parma
Mario Lupo, i giorni dell’odio e la lunga stagione dell’oblio – Gazzetta di Parma


da La Repubblica


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