Pietro Cuzzoli e Ippolito Cortellessa

1980
11 agosto, Viterbo
Pietro Cuzzoli, 31 anni, maresciallo dell’Arma dei carabinieri
Ippolito Cortellessa, 49 anni, appuntato dell’Arma dei Carabinieri

“Ho partecipato con Bignami, Segio e un romano di cui non conosco il nome, alla rapina con duplice omicidio di Pietro Cuzzoli e Ippolito Cortellessa a Viterbo. Intimammo l’alt, ma non si arresero”. 11 agosto 1980. Prima linea spara e uccide due carabinieri. A Ponte di Cetti. In pieno giorno, dopo una rapina in uno sportello bancario al Pilastro, quartiere popolare di Viterbo dove il partito comunista è molto forte. A parlare è Michele Viscardi. Di fronte ha il pm Avella della Procura di Bergamo, città dove Viscardi, esponente di spicco di Prima linea, è nato nel 1956. E’ il verbale in cui si dissocia dalla lotta armata e parla delle operazioni di cui ha preso parte. Dall’omicidio del giudice Alessandrini allo scontro a fuoco dove hanno perso la vita Cuzzoli e Cortellessa. Un documento conservato oggi presso l’archivio del Senato della Repubblica a Roma. Il verbale d’interrogatorio è del 19 ottobre 1980. Un paio di mesi dopo i fatti di Ponte di Cetti.
(…)
11 agosto 1980. La rapina è il primo passaggio. “La banca rapinata – continua Viscardi – fu scelta da noi personalmente, dopo un lavoro di ricerca durato una settimana. In altre parole non vi fu nessun basista locale tanto che alla sera rientravamo regolarmente a Roma in autobus. Non mi risulta che nel viterbese vi fossero elementi, anche solo di appoggio di Prima linea”.

Un racconto che diventa ancor più ricco di particolari se si prende un testo scritto da un altro carabiniere e rintracciabile in rete. Il titolo: “Ippolito Cortellessa e Giuseppe Cerini. Due vivaresi, due carabinieri”. Cortellessa era infatti di Vivaro Romano in provincia di Roma. La pubblicazione è del 2010 e l’autore si chiama Alberto Pulicani, maresciallo capo in servizio presso il comando generale dell’Arma. La sua è anche una raccolta, accompagnata da foto dell’epoca e ritagli di giornale. “Quel tragico 11 agosto 1980 – scrive il maresciallo dei carabinieri Pulicani – per reperire risorse economiche (il cosiddetto autofinanziamento), un gruppo di sei militanti prende di mira la filiale Pilastro della Banca del Cimino per compiervi una rapina. Tre dei componenti del gruppo entrano nell’Istituto bancario a volto scoperto, con molta calma e le armi in pugno; uno di loro dice ‘E’ una rapina, siamo professionisti, se nessuno si muove non succederà nulla’; prendono il denaro e fuggono su una Renault sulla quale un quarto complice è in attesa, al volante. Tutte le forze di polizia vengono allertate ed inizia la caccia ai rapinatori, dei quali in quel momento ancora non è noto se siano criminali comuni o terroristi. La Renault utilizzata per fuggire viene abbandonata poco dopo. Il gruppo si divide e tre dei rapinatori raggiungono Ponte dei Cetti, una località alla periferia di Viterbo, sulla via Cassia, per salire su un autobus di linea del Cotral allo scopo di sfuggire ai numerosi posti di blocco istituiti dopo la rapina”.

Poco prima dell’arrivo dell’autobus diretto a Roma “giunse una pattuglia di carabinieri, che controllò il Bignami”. A parlare è sempre Viscardi, e il verbale è sempre quello dell’interrogatorio del 1980, due mesi dopo l’uccisione di Cuzzoli e Cortellessa.
Bignami mostrò ai carabinieri “dei documenti francesi, parlando francese e i carabinieri, che nel frattempo avevano fatto fermare il pullman, non ebbero niente da obiettare. ‘Passato’ Bignami, uscimmo anche noi tre dal bar diretti al pullman: a questo punto i carabinieri ci chiesero i documenti, nonché di vedere il contenuto della borsa del ‘romano’”. A questo punto lo scenario cambia improvvisamente. “Tirammo fuori le armi – prosegue Viscardi – e ci trovammo così Segio ed il romano sul carabiniere ed io sull’altro carabiniere (Bignami era praticamente sul pullman)”. Quattro contro due. Dentro la borsa “del romano” c’era probabilmente il contante della rapina in banca fatta qualche ora prima al Pilastro. I terroristi puntano subito le pistole contro Cuzzoli e Cortellessa, che, dal verbale della procura di Bergamo, sembrerebbero essere disarmati. Inizialmente è un vero e proprio stallo. Tant’è che un testimone dei fatti di allora, che vuole restare anonimo, racconta che uno dei due carabinieri avrebbe invitato i terroristi ad abbassare le armi e a consegnarsi. “Lascia stare e abbassa le armi”, disse.

Segio, Viscardi e un romano puntano le pistole contro Cuzzoli e Cortellessa. Bignami nel frattempo è salito sul pullman alle loro spalle. “Intimammo l’alt ai carabinieri – continua Viscardi il racconto dell’11 agosto a Ponte di Cetti -, non si arresero. Ci fu una colluttazione con il carabiniere, nel corso della quale partì un colpo e mi ferì la gamba. Spararono poi un po’ tutti, e fuggimmo verso il casolare sequestrando l’autovettura di una persona presente. Preciso che non fu usata nessuna delle armi trovate poi a Sorrento, o meglio preciso che a Viterbo fu usata la Beretta 925 trovata a Sorrento (e che non è quella sottratta ai carabinieri in quella occasione). Ci portammo poi nel casolare isolato, scelto casualmente, dove trovammo dapprima padre, madre e due bambini e dove poi sequestrammo in casa altre dodici, tredici persone, ma mano che arrivavano sul posto”.

Nella rete dei posti di blocco – prosegue il suo racconto il maresciallo Pulicani – Ponte dei Cetti è affidato alla gazzella, l’Alfa 1800 del Nucleo radiomobile, di Ippolito Cortellessa e del brigadiere Pietro Cuzzoli; alla richiesta dei documenti due terroristi fingono di prenderli dai borselli, invece estraggono le pistole e sparano contro i due carabinieri, che nel conflitto a fuoco colpiscono il terrorista Michele Viscardi, ma entrambi vengono feriti mortalmente. Successivamente, nell’ambito delle ricerche organizzate per catturare gli autori del gesto criminale anche il maresciallo maggiore Antonio Rubuano, comandante della stazione di Montefiascone perde la vita in un incidente stradale mentre accorre a verificare la segnalazione di un individuo sospetto”.

Fonte
TusciaWeb
“Intimammo l’alt ai carabinieri Cuzzoli e Cortellessa, ma non si arresero… e li abbiamo uccisi”

Approfondimento
Viterbo Post
Cuzzoli e Cortellessa, trentacinque anni fa





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