Portella della Ginestra

Primo maggio 1947

STRAGE DI PORTELLA DELLA GINESTRA

Il 1° maggio 1947 circa 2000 lavoratori e contadini provenienti da Piana degli Albanesi, San Giuseppe Jato e San Cipirello in provincia di Palermo si erano riuniti nella piana di Portella della Ginestra (tra i monti Pizzuto e Kometa) per celebrare la festa dei lavoratori, festeggiare la vittoria del Fronte Popolare (l’alleanza PCI-PSI, che alle regionali del 20 aprile aveva vinto le elezioni conquistando il 32% dei voti contro il 20% della Democrazia Cristiana) e manifestare contro il latifondismo e a favore dell’occupazione delle terre incolte.

La località fu scelta perché alcuni decenni prima vi aveva tenuto alcuni discorsi Nicola Barbato, una delle figure simbolo del socialismo siciliano. La manifestazione era incentrata sulla sperata riforma agraria ed era stata preceduta nell’ottobre del 1944 dall’occupazione delle terre incolte che venne legalizzata da Fausto Gullo (PCI), Ministro dell’Agricoltura del Governo Badoglio. Gullo cercava di sopperire alla povertà diffusa e con alcuni decreti permise l’occupazione dei terreni non utilizzati imponendo una diversa ripartizione dei raccolti che favoriva maggiormente gli agricoltori rispetto ai proprietari rispetto alle consuetudini fino ad allora vigenti in Sicilia. Questo venne visto come motivo di potenziale rivolgimento sociale che avrebbe alterato gli equilibri politici della regione gestiti anche dalla mafia.

La strage venne organizzata il giorno prima a seguito di una lettera ricevuta da Salvatore Giuliano e da lui subito bruciata. Questi, insieme ai suoi uomini, si recò quindi sul promontorio dal quale si dominava la vallata.

Il 1° maggio, verso le 10 del mattino, in attesa dell’oratore ufficiale Girolamo Li Causi (PCI), un calzolaio di San Giuseppe Jato, Giacomo Schirò, segretario della locale sezione socialista, decise di intrattenere la folla. Dopo pochi minuti dall’inizio del suo discorso, Salvatore Giuliano e la sua banda cominciarono a sparare sui manifestanti raffiche di mitra dal monte Pelavet: inizialmente gli spari furono scambiati per i tradizionali mortaretti della festa, poi il terrore si impadronì della folla. Le raffiche durarono circa un quarto d’ora e lasciarono sul terreno 11 morti e una trentina di feriti.

Questo l’elenco delle 11 vittime come riportate nel Memoriale della strage.
Morti sul colpo:
Margherita Clesceri, Giorgio Cusenza, Castrense Intravaia, Vincenza La Fata, Serafino Lascari, Giovanni Megna, Francesco Vicari
Morti qualche giorno dopo per le ferite:
Vito Allotta, Giuseppe Di Maggio, Filippo Di Salvo e Giovanni Grifò.

In realtà si contarono altre vittime, morte successivamente:
Provvidenza Greco, Vincenza Spina, Vincenzo La Rocca,
Una ulteriore vittima, Vita Dorangricchia, morì nove mesi dopo in seguito alle ferite riportate quel giorno. Tra i morti del primo maggio c’è anche il campiere Emanuele Busellini, ucciso dai banditi della banda Giuliano che lo avevano incontrato lungo la strada per recarsi sul luogo della strage.
Le reazioni
Nel mese successivo alla strage di Portella della Ginestra, avvennero attentati con mitra e bombe a mano contro le sedi del PCI di Monreale, Carini, Cinisi, Terrasini, Borgetto, Partinico, San Giuseppe Jato e San Cipirello, provocando in tutto un morto e numerosi feriti: sui luoghi degli attentati vennero lasciati dei volantini firmati dal bandito Salvatore Giuliano che incitavano la popolazione a ribellarsi al comunismo.

Così come la mafia aveva giurato vendetta al Fascismo che, con il prefetto Cesare Mori, l’aveva duramente colpita, così, nell’immediato dopoguerra, reagì in sodalizio con massoneria, latifondisti e indipendentisti alle istanze di rinnovamento dei nuovi soggetti politici per garantire il mantenimento dello status quo, sfruttando la fama del bandito Giuliano che si ritrovò a essere solo una pedina all’interno di una macchinazione molto più complessa di quello che poteva immaginare.

La prima reazione alla strage fu lo sciopero generale, indetto dalla CGIL, che accusò i latifondisti di voler “soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori”. L’ispettore capo di polizia in Sicilia, Ettore Messana, invece, derubricò il fatto a un episodio circoscritto, di carattere locale.

Il 2 maggio 1947 il ministro dell’interno, il democristiano Mario Scelba, intervenne all’Assemblea Costituente, leggendo il telegramma dell’ispettore e accusando da subito come unici responsabili della strage Salvatore Giuliano e la sua banda.

Le testimonianze e le sentenze
Nelle settimane e nei giorni successivi all’eccidio, numerose furono le testimonianze che permisero agli inquirenti di ricostruire la dinamica della sparatoria: l’accerchiamento della folla e l’uso di armi non convenzionali e da guerra dimostrano che fu una vera e propria azione militare studiata nei minimi particolari che andava aldilà delle capacità di Giuliano e i suoi.

In particolare, l’uso delle granate (omesso nel rapporto dei marescialli dei carabinieri Calandra, Lo Bianco e Santucci) permise di disperdere la folla, consentendo ai commandos di operare con maggiore facilità contro i capi della manifestazione: se, infatti, tutte quelle armi da guerra fossero state destinate solo alla folla, il bilancio finale delle vittime sarebbe stato maggiore.

Nonostante questo, le sentenze di Viterbo (1952) e di Roma (1956) individuarono solamente in Salvatore Giuliano e i suoi i responsabili della strage, ignorando molte delle testimonianze (tra cui quelle di quattro cacciatori della banda Giuliano, catturati sui roccioni del Pelavet il giorno stesso della strage) che indicavano altri correi nella strage. In particolare, associarono le indagini con quelle della Strage contro le Camere del Lavoro della provincia di Palermo, sempre compiuta dalla Banda Giuliano il 22 giugno dello stesso anno, negando l’esistenza di mandanti.
Una strage politica
Nel 1948 Salvatore Giuliano scrisse una lettera all’Unità, in cui affermava lo scopo politico della strage e facendo una serie di allusioni sui rapporti da lui intrattenuti con noti esponenti politici, tra cui Mario Scelba. Dopo quella lettera, molti degli esponenti della banda furono catturati, finché il 5 luglio 1950 Giuliano venne ritrovato morto nel cortile della casa di un avvocato di Castelvetrano: un comunicato del Ministero dell’Interno annunciò ufficialmente che era stato ucciso in un conflitto a fuoco avvenuto la notte precedente con un reparto dei carabinieri alle dipendenze del capitano Antonino Perenze.

Le perplessità della versione ufficiale emersero in un articolo del giornalista de L’Europeo Tommaso Besozzi, intitolato “Di sicuro c’è solo che è morto”, nella quale mise in luce le incongruenze della versione data dai carabinieri sulla morte del bandito e indicò come assassino di Salvatore Giuliano il suo luogotenente Gaspare Pisciotta, il quale poco prima della morte di Giuliano era segretamente diventato un informatore del colonnello Luca.

Al processo per il massacro di Portella della Ginestra tenutosi a Viterbo, Pisciotta si autoaccusò dell’omicidio di Giuliano e accusò anche i deputati Bernardo Mattarella, Gianfranco Alliata, Tommaso Leone Marchesano e Mario Scelba di essere i mandanti politici della strage, dichiarando: “Servimmo con lealtà e disinteresse i separatisti, i monarchici, i democristiani e tutti gli appartenenti a tali partiti che sono a Roma con alte cariche, mentre noi siamo stati scaricati in carcere. Banditi, mafiosi e carabinieri eravamo la stessa cosa”.

Come emerso dalle dichiarazioni di Pisciotta al processo, fu lui ad uccidere Giuliano nel sonno nella casa di Castelvetrano dove si nascondeva e il cadavere sarebbe poi stato trasportato nel cortile della casa stessa, dove gli uomini del colonnello Luca e del capitano Perenze inscenarono una sparatoria mentre Pisciotta si dava alla fuga.
Il 9 febbraio 1954 Pisciotta fu avvelenato nel carcere dell’Ucciardone con un caffè alla stricnina, prima che potesse rendere la sua testimonianza sulla strage di Portella della Ginestra al procuratore Pietro Scaglione.

Fonti:
WikiMafia
Strage di Portella della Ginestra – WikiMafia
WikiPedia
Strage di Portella della Ginestra – Wikipedia
Dove trovare il Memoriale
link alla mappa Memoriale della Strage di Portella della Ginestra

Per approfondire
Video su RAI CULTURA
Portella della Ginestra | Storia | Rai Cultura
Serie di video su Rayplaysound.it
Portella della Ginestra | Playlist | Tre soldi | Rai Radio 3 | RaiPlay Sound
Antimafiaduemila.com articolo riportato da Famiglia Cristiana
Strage di Portella: ecco i mandanti

Immagine del Memoriale di Portella della Ginestra
Di Davide Mauro – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=87429082