1977
14 maggio, Milano
Antonio Custra, 25 anni, vice brigadiere di Pubblica Sicurezza
L’omicidio di Antonio Custra venne commesso a Milano il 14 maggio 1977 (la morte sopravvenne in realtà alle prime ore del giorno successivo al Policlinico di Milano ove il sottufficiale era stato ricoverato in condizioni disperate, come riportato sia dal Corriere della Sera che dalla rivista Fiamme d’Oro. Per protestare contro l’arresto di due avvocati, Giovanni Cappelli e Sergio Spazzali, iscritti a Soccorso Rosso Militante, due giorni dopo l’accaduto, il 14 maggio a Milano fu indetta una manifestazione da parte di alcuni militanti appartenenti a organizzazioni della sinistra extraparlamentare. Intorno alle 17:00 il corteo di manifestanti provenienti dal carcere di San Vittore e diretti in piazza del Duomo, una volta giunto nei pressi di via De Amicis, venne intercettato dagli agenti della celere.
In breve tempo la manifestazione degenerò in una vera e propria battaglia e gli autonomi iniziarono ad aprire il fuoco contro gli agenti. L’agente Custra, schierato con il resto del suo reparto, venne colpito al volto da uno dei proiettili esplosi con una pistola Beretta 7,65 dagli autonomi, che gli trapassò la visiera del casco, uccidendol.
Durante la manifestazione, grazie alla presenza di diversi fotografi, vennero scattate alcune foto che furono poi pubblicate nei giorni successivi da tutti i quotidiani del tempo. Una tra tutte, che mostrava un autonomo, Giuseppe Memeo, nell’atto di impugnare a due mani una pistola, puntata ad altezza d’uomo, divenne uno dei simboli della violenza di strada degli anni di piombo e della degenerazione dello scontro politico, che passò dalle manifestazioni di piazza alle bombe Molotov e all’uso delle armi da fuoco.
Dieci anni dopo, partendo da quella foto, fu riaperta l’inchiesta e individuato il colpevole in Mario Ferrandi, militante di sinistra, passato poi nelle file di Prima Linea e infine dissociatosi, che venne condannato per concorso in omicidio del vicebrigadiere. Per concorso morale nell’omicidio, vennero condannati anche Giuseppe Memeo e Walter Grecchi, a 14 anni di carcere. Dopo essere stato condannato e aver espiato 4 anni di carcere di massima sicurezza in Italia, Grecchi, che si è riconosciuto in uno dei giovani mascherati fotografati, ma ha sempre sostenuto di non aver mai sparato, vive latitante in Francia.
Nel febbraio 2012 Maurizio Azzollini, un altro degli uomini identificati tra quelli mascherati e fotografati quel giorno nell’atto di sparare verso gli agenti, è divenuto uno stretto collaboratore del vicesindaco di Milano Maria Grazia Guida. Un quinto autonomo, coinvolto e condannato a 15 anni, Pietro Mancini, fuggì in Brasile e nel 2009 ottenne la prescrizione del reato dalla Corte d’assise di Milano. Dopo trent’anni dal fatto Ferrandi ha incontrato a Milano, sul luogo della sparatoria, la figlia dell’agente ucciso, Antonia. Antonia era una che voleva capire. Senza segreti, senza omissioni, senza barare. S’era trovata orfana prima di nascere, a San Giorgio a Cremano. E sua madre, che era andata al funerale con il pancione, vestita di nero, e s’è confinata in casa, aveva scelto per lei il nome del padre: «Quel proiettile ha ammazzato papà, mamma, che è un fiore appassito, e me, che sono nata già morta, con una vita colorata di nero». Eppure, in qualche modo, «Antonia aveva saputo ritrovare i colori», come dice l’ex terrorista Mario Ferrandi. «È una che ha combattuto a fondo, anche contro la malattia. E ha lottato anche per lavorare in polizia, come suo padre. Era spazzina e s’è data da fare, concorso dopo concorso. Ho saputo della sua morte da Facebook. Qualche volta ci sentivamo, e sarà una frase fatta, ma che muoia a 40 anni una come lei è davvero un’ingiustizia ». Che a ricordare così Antonia, figlia di una vittima degli “anni di piombo”, possa essere uno con il passato di Ferrandi può far fastidio. Ma è anche attraverso l’ex terrorista — che aveva 21 anni e il nome in codice “Coniglio” quando il suo “Collettivo Romana” sparò e uccise — che si può comprendere meglio la scelta di Antonia. E anche un pezzo della nostra storia. C’è da fare un salto sempre nel passato, ma più recente, nella primavera del 2007. C’è un’altra foto, si vedono Ferrandi, che allora aveva passato i 50, era stato in carcere, e viveva di lavori precari, e la trentenne Antonia che s’incontrano in via De Amicis. Proprio nei luoghi della morte, e delle pallottole. Era stato Mario Calabresi, che stava scrivendo “Spingendo la notte più in là”, a raccontare alla ragazza i nuovi dettagli giudiziari della tragedia e per Antonia era stato come aprire una diga. Del papà non aveva niente, se non il peso a volte insopportabile dell’assenza, più di contorno «qualche nome da odiare». Si destreggiava tra anoressia e bulimia, una giovinezza complicata, ma «volevo guarire». E l’occasione era arrivata nel modo più inatteso: con una telefonata in un programma tv, favorita da don Antonio Mazzi, che era stato il primo “datore di lavoro” di Ferrandi. Era sbocciata così, in pubblico, una proposta vagamente assurda. Ma Antonia e quello che era stato “Coniglio” ci avevano creduto. Ed erano andati insieme sulla scena del crimine, e lì la figlia di Antonio aveva provato «un fortissimo dolore», ma anche — sono parole sue — «papà accanto a me». Per quanto tutto sia stato e possa essere complicatissimo e indicibile, Antonia ha voluto concludere quell’incontro esagerato e cruciale regalando all’ex terrorista una foto del padre. Non in divisa, ma da giovane sposo sorridente. «Ce l’ho, ci mancherebbe, io so che noi le abbiamo strappato il papà e lei mi ha regalato del gran bene, e almeno sono riuscito a dirglielo, che era una grande anima». Non stupirà sapere che quando Ferrandi ha chiesto e ottenuto la “riabilitazione”, Antonia ha dato il suo parere favorevole ai giudici: «So che i terroristi non hanno ucciso per soldi, o per un tornaconto, ma per ideali sbagliati, non voglio più odiare, so che alcuni sono cambiati davvero». A non essere sconfitto, si sa, a volte è il cancro: e così è successo ad Antonia, nel 2017, a soli quarant’anni.
Fonti
Wikipedia
Omicidio di Antonio Custra – Wikipedia
Associazionememoria.it
Il Coraggio di Antonia Custra che sconfisse l’odio per l’assassino del padre l’Agente PS Antonio da parte dei terroristi – Associazione Memoria
Approfondimenti
Ugo Maria Tassinari
14 maggio 1977. Il racconto di Mario Ferrandi: così ho ucciso Antonio Custra
Il Giornale
Gli scatti segreti del reporter di sinistra: cosa c’è dietro la foto simbolo degli Anni di piombo – ilGiornale.it
Video
TV2000
Beati Voi La Genesi – Mario Ferrandi
Salvini: così ho dato giustizia al poliziotto Custra
Immagini
da Wikipedia
da Wikipedia – L’immagine icona degli anni di piombo
da Wikipedia
da Il Giornale